“ScreeniamoCi”. Parte da Nuoro lo screening dell’Epatite C
Si è svolta questa mattina la conferenza stampa di presentazione della campagna Screening dell’infezione da Epatite C, che vede l’ASL 3 capofila in Sardegna.

NUORO, 30 GIUGNO 2025 – ASL di Nuoro capofila della campagna della Regione Sardegna, che si prefigge l’ambizioso obiettivo di eradicare questa subdola malattia nel 2030.
Si è svolta questa mattina la conferenza stampa di presentazione, alla quale sono intervenuti il Commissario Straordinario dell’ASL 3, Angelo Zuccarelli, il Direttore Sanitario, Serafinangelo Ponti, la Responsabile del Centro screening aziendale, Roberta Bosu, il Direttore della Struttura Complessa Medicina Day Hospital dell’Ospedale San Francesco, l’epatologo Salvatore Zaru, la Direttrice della Struttura Complessa Laboratorio analisi dell’ASL di Nuoro, Maura Fiamma.
Proprio il Commissario Straordinario Zuccarelli ha spiegato quanto sia importante una campagna di screening per l’epatite C nelle persone nate tra il 1969 e il 1989, «perché questa popolazione ha un’alta incidenza di infezione che spesso è asintomatica. L’epatite C si è rivelata particolarmente insidiosa, in quanto può progredire verso una condizione cronica e persino a complicazioni più gravi, come la cirrosi o il cancro al fegato. Pertanto, lo screening è raccomandato per identificare precocemente queste infezioni». «Inoltre, coinvolgere queste fasce d’età nei programmi di screening è cruciale per controllare la diffusione del virus e per trattare le persone infette prima che si verifichino danni epatici irreversibili». Angelo Zuccarelli ha inoltre chiarito che le categorie di popolazione individuate dal Ministero della Salute, oltre alle fasce di età dal 69 all’89 sono: le persone recluse nelle carceri (partirà in data odierno proprio dagli istituti penitenziari la campagna) e quelle che accedono ai Servizi per le Dipendenze (SED), espressamente incluse nel programma di screening.
«L’epatite C è definita una “patologia insidiosa” – ha precisato il Commissario ASL durante la conferenza – perché si manifesta in modo silenzioso, spesso senza sintomi evidenti. Questo significa che le persone possono avere l’infezione per anni senza rendersene conto, fino a quando non si sviluppa una forma cronica o addirittura una malattia neoplastica al fegato. Questa caratteristica rende particolarmente importante la diagnosi precoce e lo screening per la malattia».
«Sono contento di questa conferenza stampa – ha esordito il Direttore Sanitario Serafinangelo Ponti – perché, come diceva il Commissario, abbiamo l’onore ma anche l’onere di portare avanti per la prima volta in Sardegna lo streaming dell’epatite C: Nuoro è stata scelta come ASL capofila e noi siamo in stretto contatto con l’Assessorato della Sanità della Regione Sardegna, con la Direzione Generale e con i Direttori della Prevenzione e Protezione della Salute». «L’obiettivo che l’Italia sta portando avanti con l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) – ha proseguito Ponti – è quello di eliminare le partite C entro il 2030. Questa strategia è stata adottata anche a livello nazionale e a livello locale in Regione Sardegna e per la prima volta in Sardegna abbiamo un protocollo regionale operativo con una squadra collaudata che coinvolge tanti operatori»
Roberta Bosu, col supporto di efficaci slide, ha spiegato organizzazione della campagna e modalità di adesione: «Quello che noi andiamo a offrire non è un semplice test, ma tutti gli screening oncologici sono degli interventi complessi di sanità pubblica, sono di documentata efficacia e sono rivolti a una popolazione asintomatica, quindi una popolazione che non ha segni Quelli che noi vogliamo andare a identificare sono proprio i soggetti che non hanno la sintomatologia in modo tale da poterli intercettare precocemente per proporre una terapia adeguata, una terapia efficace, una terapia sicura, una terapia che porta a guarigione nella quasi totalità dei casi». «Si tratta di uno screening totalmente gratuito, in tutte le sue fasi. Gli obiettivi di questo progetto sono sicuramente quello di identificare e curare precocemente le persone con l’infezione e provocare anche la trasmissione della malattia. Ricordiamo che attualmente non esiste un vaccino contro l’epatite C». Bosu ha spiegato che l’epatite C è una malattia del fegato pericolosa perché resta sintomatica per anni, ed è attualmente la principale causa di cirrosi e di tumore del fegato. «Questa – ha spiegato Roberta Bosu – è la storia naturale dell’infezione dell’epatite C in assenza di terapia. Cosa succede? Nel momento in cui ho un’infezione, nel 70% dei casi cronicizza, quindi diventa un’infezione, passatemi il termine, permanente, che va avanti e nel tempo continua a fare danno sul fegato. Ebbene: noi vogliamo arrivare prima che ci sia il danno sul fegato, quindi prima che arrivi la cirrosi, prima che arrivi il tumore del fegato. Attualmente, con le terapie che abbiamo a disposizione, che tra l’altro sono anche molto semplici da assumere, è possibile farlo».
L’obiettivo della campagna è quindi quello di trovare tutto questo “sommerso”: quindi il tasso di infezioni sommerse, e tutte quelle persone che attualmente presentano l’infezione proprio perché non dà sintomi e non sanno di averla per proporre loro questo percorso sanitario.
Molto appassionato è stato inoltre l’intervento dell’epatologo, nonché Direttore del reparto di Medicina del San Francesco di Nuoro, Salvatore Zaru. «Io ho fatto la mia tesi di laurea sulle nuove metodiche diagnostiche per il virus delle epatiti C quando non c’era ancora la diagnosi. Alla fine degli Anni 80 (forse 89) è stato identificato finalmente il virus: è stato quindi studiato, caratterizzato, iniziati i trattamenti – inizialmente pesantissimi con l’interferone eccetera, che comunque ottenevano qualche risultato – fino a che, probabilmente proprio nel 2030, io andrò in pensione, con l’eradicazione dell’epatite C ». Zaru ha spiegato che è stato difficile distinguerla dalle altre epatiti (A e B) perché «non si riusciva a identificarla dal punto di vista molecolare, non c’erano allora in precedenza le possibilità di esaminare le sequenze vitali, non si riusciva a identificarla al microscopio. A fine anni Ottanta si è cominciato a vedere al microscopio elettronico alcune strutture che non erano virus dell’epatite B, non erano virus dell’epatite A, non erano virus dell’epatite Delta. Una volta raggiunta la tecnologia per sequenziare e identificare il virus è stato più semplice mettere a punto un test anticorpale che lo identificasse».
Infine massima collaborazione dal Laboratorio analisi diretto dalla dottoressa Maura Fiamma «per eseguire correttamente e nei tempi previsti i test per la ricerca molecolare e avere la conferma della positività, e il fatto che il Laboratorio di Nuoro possa essere in grado di supportare quest’attività è legato alla complementarità col Centro screening, perché è un sistema collaudato, che funziona molto bene, e quindi il Laboratorio è già strutturato e pronto per ricevere i campioni e analizzare, senza grosse difficoltà e con la massima resa, vista l’elevata tecnologia presente nella struttura del Laboratorio analisi del San Francesco».
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